La Protezione
Quarta parte - #IlDuomosiracconta
La Madonnina brilla a coronamento del Duomo da quel 30 dicembre 1774 e illumina con la sua luce misericordiosa Milano. La sua apparizione fu l’esito di un cammino costellato anche di molti dubbi e incertezze. I deputati della Fabbrica del Duomo commissionarono l’opera allo scultore Giuseppe Perego nel 1769; dei tre bozzetti in terracotta presentati, fu selezionato quello raffigurante la Vergine Assunta con il capo leggermente ruotato, mentre apre le braccia al cielo, a intercessione della città, poggiata su un basamento di nubi da cui affiorano alcuni angioletti.
Ma quale materiale avrebbe conferito miglior concretezza all’opera? Qualcuno propose il marmo, considerato da molti troppo pesante: “La Gran Guglia non ne sopporterà il peso!” dissero alcuni, “la Cattedrale è tutta di marmo, anche la statua al suo vertice deve esserlo” si esposero altri. Conversazioni ardite che possiamo solo immaginare. Il nodo rimaneva uno solo: la Guglia Maggiore avrebbe retto il peso della statua? Sarebbero riusciti a metterla in sicurezza a quelle altezze? E se fosse caduta?
Si decise quindi di realizzare la statua con un materiale più leggero del marmo, il rame, sarebbe stata cava internamente e supportata da un’intelaiatura in ferro. Le cose poi presero il proprio corso: il modello in legno di noce era pronto, eseguito dal falegname Giuseppe Antignati. L’orafo Giuseppe Bini ricevette l’incarico di realizzare le lastre di rame, sbalzate e dorate a mordente su consiglio del pittore Anton Raphael Mengs. Laboriose attività di uomini, la maggior parte dei quali di nome Giuseppe – che fosse un segno? – tutti chiamati a partecipare ad un disegno in cui il destino personale e quello collettivo si intrecciano in una stessa trama.
La Madonnina fu pronta, luccicante e dorata, vicina al cielo: più alta, più leggera della mole del Monumento, perché desiderosa di proteggere il Duomo e la moltitudine di popolo e statue sottostanti. Leggerezza a bilanciare la pesantezza del marmo che, nel caso del Duomo, ha origine in antri più ombrosi e nascosti. È il terreno che circoscrive il monte di Candoglia, laddove la terra ha intessuto in grembo la Cava Madre del Duomo. In quei rilievi lambiti dal Toce, sembra quasi di scorgere il profilo della Cattedrale. Visitando Candoglia e i suoi boschi, si è avvolti da una lieve brezza, e pare di sentire come dei bisbigli “Siamo ciò che eravamo e sempre saremo”, la voce della Cava riecheggia tra le pietre grezze, nel ticchettio metallico delle attrezzature da lavoro, nel ricordo di quanti si sono avvicendati in oltre sei secoli di storia. La loro eredità impregna l’aria e il terreno, è forza per cavare la pietra, vigore per squadrare i conci.
Sopra tutto, proprio come al vertice del Duomo, ecco un segno immutabile: una Madonnina dorata veglia sulla Cava, protegge gli uomini e le loro fatiche, abbraccia i custodi della montagna, affinché il marmo diventi il nostro Duomo.
Leggi qui gli articoli precedenti de "La Protezione" - parte prima - parte seconda - parte terza