Questo personaggio si staglia sul lato Nord, col peso poggiato sul fianco destro, il corpo avvolto in parte in un drappo, nella mano sinistra una corona d’alloro, nella destra un libellum, un documento. Il capo chino verso il basso e lo sguardo pensieroso lo fanno sembrare distaccato dalla grande processione delle Guglie, come se fosse distratto da altro. La corona d’alloro era posta in capo ai poeti e ai generali vittoriosi. Detta anche lauro, sarà il premio per i poeti e i dotti in genere, fino a dare il nome alla laurea dei giorni nostri. Nella destra, questo giovane dai lunghi capelli, stringe un documento, simbolo di testimonianza. I martiri sono testimoni, come indica l’origine del nome: dal greco amartano, testimoniare per l’appunto. Ma è un testimone che porta a termine la sua testimonianza, un vittorioso, come indica la corona. Eppure è una vittoria che sa di malinconia. La sua missione sacra sembra messa da parte, ora ha altro per la testa. Un momento di umanità anche per chi è eternato santo nella pietra.