Raffigurante un “Angelo con corona di spine”, la scultura in marmo di Candoglia è databile tra il 1480 e il 1485 circa. Proveniente con molta probabilità dal Duomo, si trova oggi esposta nella sala del Museo dedicata all’età sforzesca (n. 7).
Leggermente inclinata verso la sua destra, l’esile figura dalle forme sottili e allungate ha un’espressione dolente, e indossa una tunica e un manto caratterizzati da pieghe spigolose che lasciano scoperti i piedi cinti da calzari.
Per quanto riguarda il versante stilistico, gli studiosi riconducono l'”Angelo con la corona di spine” alla maniera espressa in alcune delle otto formelle con “Storie dei santi Marta, Mario, Audiface e Abacone” per l’arca dei Martiri Persiani già in San Lorenzo a Cremona, oggi riallestite sui pulpiti nella navata della cattedrale della stessa città.
La grande arca, commissionata nel 1479 allo scultore milanese Giovanni Antonio Piatti, fu completata entro il 1482 dal collega Giovanni Antonio Amadeo: architetto e artista di punta del Rinascimento lombardo, impegnato dalla seconda metà del Quattrocento nella decorazione scultorea della Certosa di Pavia, egli fu attivo anche per il Duomo, dove insieme a Giangiacomo Dolcebuono vinse il concorso per la costruzione del tiburio, ultimato nel 1500.
Pertanto è possibile ipotizzare che l’autore dell'”Angelo” del Museo del Duomo, influenzato anche dalla scultura di Piatti e di Antonio Mantegazza, sia un collaboratore dell’Amadeo nel corso delle citate imprese pavesi e cremonesi.
A tale proposito, al Museo d’Arte Antica del Castello Sforzesco di Milano è custodito un tondo marmoreo con l'”Annunciazione” (post 1479?) proveniente dall’arca dei Martiri Persiani di Cremona, stilisticamente affine all'”Angelo con la corona di spine” del Museo del Duomo e ricondotta a una personalità autonoma rispetto a Piatti e Amadeo: il cosiddetto “Maestro della Natività del Castello”.