L’antello, databile fra 1544 e 1545, appartiene con molta probabilità alla vetrata dell'”Apocalisse”, decorante il grande finestrone centrale dell’abside del Duomo, particolarmente riconoscibile anche dall’esterno perché connotato al centro dalla “raza”, il sole raggiante emblema dei Visconti.
Avviata nel 1417 e terminata nella seconda metà del Cinquecento, la vetrata narra episodi tratti dall’Apocalisse di san Giovanni evangelista, unico libro profetico del Nuovo Testamento che contiene misteriose rivelazioni sui destini ultimi dell’umanità e del mondo.
In particolare, l’antello di cui sopra è stato rimosso dalla Cattedrale per ragioni conservative, e negli anni Settanta è entrato a far parte della collezione del Museo, dove si trova tuttora nella sala dedicata all’arte vetraria della Cattedrale (n. 9).
Secondo gli studi più recenti, esso rappresenta verosimilmente “San Giovanni evangelista a Patmos”, l’isola dove fu esiliato dall’imperatore Domiziano a causa della sua predicazione e della testimonianza di Gesù. Qui avrebbe ricevuto da Dio l’ordine di scrivere appunto l’Apocalisse.
Nell’antello il santo, abbigliato con una veste arancione e un manto rosso, è seduto di profilo in primo piano e sembra indicare con la mano destra alcuni volumi posti sulla roccia collocata a sinistra. Il volto giovanile appare coronato dall’aureola, che ha lo stesso colore dorato della corta capigliatura.
La scena è ambientata in una radura verdeggiante, conclusa in primissimo piano dalle sommità di vari tronchi e aperta sul mare, solcato da una nave visibile fra il braccio destro e quello sinistro di san Giovanni.
Sullo sfondo si osservano invece alcune costruzioni a suggerire la presenza di una città, mentre in alto compare Dio Padre, seduto nel cielo all’interno di un cerchio di nubi: indossante una tunica blu e manto rosso e verde, egli porta un copricapo simile a quello dei pontefici, circondato dall’aureola.
Gli studiosi propongono di attribuire il cartone preparatorio dell’antello a Giorgio d’Anversa, documentato in Duomo come fornitore di disegni tra 1544 e 1545, e la sua esecuzione a un maestro ignoto, forse quel Corrado de Mochis da Colonia che nel Cinquecento fu uno dei principali vetrai della Cattedrale.
Il recente restauro ha restituito leggibilità all’antello, che nel corso dei secoli ha perso tanta parte della grisaglia (cioè la pittura in chiaroscuro tipica delle vetrate) e presenta numerose tessere di rimpiazzo e ritocchi, tutti cinquecenteschi.