L’antello, databile fra 1515 e 1525, appartiene a una serie di quattro esemplari raffiguranti angeli, originariamente collocata a cornice della “Crocifissione” nella vetrata del “Nuovo Testamento”, decorante uno dei grandi finestroni dell’abside del Duomo (quello verso l’Arcivescovado).
Avviata nel 1417 e terminata alla metà del Cinquecento, la vetrata narra episodi della storia di Gesù di Nazareth prima e dopo la sua Resurrezione.
In particolare, l’antello di cui sopra è stato rimosso dalla Cattedrale per ragioni conservative, e negli anni Cinquanta è entrato a far parte della collezione del Museo, dove si trova tuttora nella sala dedicata all’arte vetraria del Duomo (n. 9).
Esso rappresenta alcuni angeli in preghiera su uno sfondo di cielo: due di loro, a figura intera e rivolti verso destra, sono visibili quasi completamente, mentre sul lato destro della scena si nota forse la sagoma di un altro angelo (nello specifico un’ala).
Il singolare effetto “patchwork” dell’antello deriva da un restauro ottocentesco, caratterizzato dall’impiego di numerosi pezzi di recupero di diversi colori (soprattutto ali e tessere rosse).
Annoverabile tra i più antichi del gruppo, come si evince dai tanti brani di panneggio ancora databili al primo Cinquecento e dalle teste dei due angeli, l’antello è stato attribuito sia per il cartone preparatorio sia per l’esecuzione al maestro lombardo Pietro da Velate, autore della già citata “Crocifissione” nella vetrata del “Nuovo Testamento”: quest’ultima, verosimilmente lasciata incompiuta per la morte dell’autore intorno al 1524, fu conclusa a partire dagli anni Quaranta del secolo dal collega tedesco Corrado de Mochis.