Il dittico delle cinque parti, proveniente dal Tesoro del Duomo e oggi custodito in Museo all’interno di una delle sale dedicate appunto al Tesoro (n. 1), è un prezioso manufatto che in origine fungeva probabilmente da coperta di un evangeliario, libro liturgico con i brani del Vangelo da leggere nel corso dell’anno durante la messa.
Realizzato in avorio, il dittico è denominato “delle cinque parti” perché ciascuna delle due superfici a rilievo che lo compongono, dette piatti, è costituita da cinque placchette, una maggiore al centro e quattro più piccole sui lati. Oltre che per i dittici della tarda età imperiale romana, utilizzati come doni per personaggi illustri, questa tipologia fu impiegata appunto anche per i piatti di legatura dei Vangeli: secondo gli studiosi, l’esempio più antico di questo uso potrebbe essere rappresentato proprio dal dittico del Museo del Duomo.
Al centro di ciascun piatto, racchiuso da una moderna cornice in plexiglass che consente la totale lettura del manufatto, è posizionata la placchetta maggiore, decorata da un gioiello dorato: nel piatto anteriore l'”Agnus Dei”, formato da alveoli contenenti granati e circondato da una corona di frutti e spighe, e nel piatto posteriore la “Croce trionfante”, ornata da pietre preziose e perle. Entrambi i soggetti, simboli di Cristo, sono inseriti in un’edicola con architrave liscio sostenuto da due colonne con capitelli corinzi.
Le placchette laterali, invece, narrano in totale sedici episodi dell’umanità e della divinità di Cristo, tratti dai Vangeli canonici e apocrifi: quelle orizzontali ne contengono uno ciascuna, quelle verticali tre. Nel piatto con l'”Agnus Dei”, le placchette orizzontali rappresentano la “Natività di Gesù” (in alto) e la “Strage degli innocenti” (in basso), affiancate rispettivamente dai simboli e dai ritratti degli evangelisti Matteo e Luca. Quelle verticali raffigurano invece, dall’alto in basso: a sinistra l'”Annunciazione alla fonte”, “I Magi guidati dalla stella” e il “Battesimo di Gesù nel Giordano”; a destra “Maria condotta al tempio da un angelo”, la “Disputa di Gesù dodicenne nel tempio” e l'”Ingresso di Gesù a Gerusalemme”.
Nel piatto con la croce, le placchette orizzontali narrano l'”Adorazione dei Magi” (in alto) e le “Nozze di Cana” (in basso), sempre affiancate dai simboli e dai ritratti degli evangelisti (in questo caso Marco e Giovanni). Per quanto riguarda le verticali si susseguono, dall’alto in basso: a sinistra la “Guarigione dei due ciechi”, la “Guarigione del paralitico” e la “Resurrezione di Lazzaro”; a destra “Due Apostoli (o due martiri) presentano con le mani velate le corone a Cristo seduto sul globo”, una “Scena di banchetto” e l'”Obolo della vedova”.
Di provenienza ignota, per la secchezza del rilievo evidente soprattutto nelle incisioni parallele dei panneggi, gli studiosi hanno ipotizzato di ricondurre la coperta a una bottega dell’Italia settentrionale della seconda metà del V secolo, forse ravennate: proprio a Ravenna, capitale dell’Impero Romano d’Occidente, erano infatti lavorati in quell’epoca i granati almandini, gemme solitamente di colore rosso o bruno-rossastro presenti nelle placchette con l'”Agnus Dei” e la “Croce trionfante”.
Dal punto di vista stilistico, la coperta del Museo del Duomo presenta forti affinità con la più tarda cassetta di Werden, custodita presso il Victoria and Albert Museum di Londra (IX secolo): entrambe si riferiscono infatti al medesimo modello iconografico, come dimostra la vivacità narrativa degli episodi dell'”Annunciazione”, dei “Magi” e della “Natività”.