L’antello, databile fra 1540 e 1542, appartiene alla vetrata dell'”Apocalisse”, decorante il grande finestrone centrale dell’abside del Duomo, particolarmente riconoscibile anche dall’esterno perché connotato al centro dalla “raza”, il sole raggiante emblema dei Visconti.
Avviata nel 1417 e terminata nella seconda metà del Cinquecento, la vetrata narra episodi tratti dall’Apocalisse di san Giovanni evangelista, unico libro profetico del Nuovo Testamento che contiene misteriose rivelazioni sui destini ultimi dell’umanità e del mondo.
In particolare, l’antello di cui sopra è stato rimosso dalla Cattedrale per ragioni conservative, e negli anni Cinquanta è entrato a far parte della collezione del Museo, dove si trova tuttora nella sala dedicata all’arte vetraria del Duomo (n. 9).
L’opera rappresenta la “Donna dell’Apocalisse nel deserto”: figura enigmatica, è stata riconosciuta di volta in volta come la Vergine Maria oppure come la personificazione della Chiesa o di Israele.
Nell’antello essa è appunto raffigurata nel deserto, dove è fuggita dopo aver salvato il Figlio dal drago a sette teste, comunemente identificato con Satana. Secondo l’Apocalisse di Giovanni, nel deserto Dio aveva preparato un rifugio per la Donna affinché vi fosse nutrita per 1260 giorni.
La Donna, con la chioma circondata da stelle e le mani giunte, si trova in piedi sulla sinistra, davanti a tre animali (un serpente, una tartaruga e un rospo).
Dietro di lei, un angelo in volo è colto nel gesto di cingerle le spalle con un manto, e più in alto ancora una seconda figura angelica si dirige verso destra.
La scena è ambientata in un’oasi verdeggiante con un albero sulla sinistra, mentre il cielo appare azzurro in alto e striato da nubi inferiormente; ancora più in basso si intravede, in lontananza, una chiesa con campanile.
Gli studi più recenti attribuiscono il cartone preparatorio dell’antello a un ignoto maestro fiammingo e la sua esecuzione al vetraio Stefano Bergognone dal Furno, anche lui proveniente dalle Fiandre: le parti originali (le vesti degli angeli, gli animali e parte della vegetazione) risaltano per l’intensa luminosità dei colori, soprattutto i verdi, mentre quelle sostituite nell’Ottocento appaiono meno vivide.