Vetrate

Il serpente di bronzo

di Mochis Corrado de (Colonia, 1525 - Milano, 1593) su cartone di Arcimboldi Giuseppe (Milano, 1526-1593)

Cronologia: 1549-1557

Misure cm: 118 × 70

Materia e Tecnica: Vetro, grisaglia, piombo

N. Inventario: V24

L’antello, databile fra 1549 e 1557, appartiene alla vetrata dell'”Antico Testamento”, decorante uno dei grandi finestroni dell’abside del Duomo (quello verso corso Vittorio Emanuele).

Avviata nel 1417 e terminata nella seconda metà del Cinquecento, la vetrata narra episodi tratti dai libri della Bibbia incentrati sull’antica alleanza fra Dio e il popolo d’Israele.

In particolare, l’antello di cui sopra è stato rimosso dalla Cattedrale per ragioni conservative, e negli anni Cinquanta è entrato a far parte della collezione del Museo, dove si trova tuttora nella sala dedicata all’arte vetraria del Duomo (n. 9).

Esso, originariamente completato da un altro esemplare, rappresenta l’episodio delle “Storie di Mosè” riguardante “Il serpente di bronzo”: quest’ultimo, creato dal profeta per salvare il popolo ebraico dai rettili velenosi che Dio aveva inviato come punizione, è infatti avvinghiato in cima al palo in forma di croce sulla destra della scena.

Due uomini, uno in piedi di profilo e l’altro sdraiato a terra in primo piano, tengono lo sguardo fisso sul serpente bronzeo per ottenere la guarigione dai morsi dei rettili che li stanno attaccando; vicino a loro è invece raffigurato un compagno privo di vita in abiti militari, mentre il primissimo piano ospita un nugolo di serpenti intrecciati.

La scena è ambientata in una radura, con a sinistra il tronco tagliato di un grande albero e, sullo sfondo di cielo, varie nubi plumbee.

Gli studi più recenti attribuiscono il cartone preparatorio dell’antello a Giuseppe Arcimboldi e la sua esecuzione a Corrado de Mochis: se quest’ultimo, originario di Colonia, fu uno dei principali vetrai cinquecenteschi del Duomo, il milanese Arcimboldi realizzò con il padre Biagio vari cartoni destinati alle vetrate della Cattedrale, per poi trasferirsi a Praga come pittore di corte presso gli imperatori Ferdinando I, Massimiliano II e Rodolfo II.

Qui Arcimboldi divenne celebre per sue “teste composte”, ritratti caricaturali e figurazioni allegoriche di gusto manieristico in cui i soggetti, pur conservando sembianze e proporzioni umane, risultano in realtà formati da frutta, fiori, vegetali, animali, ecc.

Dal punto di vista conservativo, l’antello con “Il serpente di bronzo” si presenta molto ripreso nella grisaglia (cioè la pittura in chiaroscuro tipica delle vetrate), pur mantenendo un impianto originale ancora ben leggibile. Inoltre, anche se risultano particolarmente manomesse le tessere con i serpenti in primo piano e sul bastone, il tronco d’albero e le nubi a sinistra, un recente restauro ha eliminato i piombi di sutura sul corpo del soldato riverso.