Modelli scultorei

San Giovanni elemosiniere

di Rusca Grazioso (Rancate, 1757 - Milano, 1829)

Cronologia: 1813

Misure cm: 69 × 20 × 20

Materia e Tecnica: Terracotta a tuttotondo

N. Inventario: MS94

La statuetta in terracotta è oggi esposta in Museo nella sala intitolata alla Galleria di Camposanto (n. 14), luogo nel quale dal Seicento in poi la Veneranda Fabbrica ha custodito i gessi e le terrecotte preparatori delle statue elaborate per il Duomo.

Datata 1813, l’opera raffigura “San Giovanni elemosiniere”, vescovo di Alessandria d’Egitto nel VII secolo: ricordato per la sua misericordia verso i poveri, si adoperò con sollecitudine per alleviare il popolo da ogni miseria, ricorrendo ai beni della Chiesa ed esortando alla beneficenza.

Egli è rappresentato come un santo vescovo con la barba corta e lo sguardo rivolto in avanti.

Abbigliato con mitra sul capo, tunica, casula e stola, egli tiene nella mano sinistra una piccola borsa, mentre con la destra è colto nell’atto di porgere una moneta.

Stante su un basamento poligonale, il santo poggia il peso sulla gamba destra, mentre la sinistra risulta piegata e leggermente arretrata.

Utilizzata come modello per una versione marmorea destinata a una guglia del Duomo, l’opera è stata attribuita dagli studiosi a Grazioso Rusca: originario di Rancate, nel Canton Ticino, e discendente da una famiglia di artisti, pur rimanendo legato alla tradizione della sua terra lo scultore riuscì comunque ad appropriarsi dei modi gotici e barocchi con tecnica e spirito disinvolti.

Allievo dell’intelvese Stefano Saverio, nel 1785 Rusca fu accolto fra gli artisti della Veneranda Fabbrica in qualità di scultore “stabilmente ammesso”. Risalgono a questo periodo le sue prime opere per la Cattedrale, ossia i bassorilievi destinati alla seconda fascia basamentale di facciata, per la quale nel 1786 era stata iniziata la serie di rilievi ispirata a soggetti dell’Antico Testamento (“Mosè salvato dalle acque”, “Elia che resuscita il figlio della vedova di Sarepta”, “Davide e Golia”, “Fuga di Loth da Sodoma”).

Al 1795 data invece il primo dei tre “Telamoni” eseguiti per la facciata, accomunati da un linguaggio artistico più misurato rispetto a quello delle opere di stesso soggetto realizzate per il Duomo fra Seicento e Settecento.

In particolare, nella definizione di particolari secondari come le capigliature, lo scultore tende a una descrizione decisamente più classicista, evidente anche nei panneggi meno rigonfi che aderiscono alle membra rilevate.

Nominato protostatuario, cioè scultore capo della Fabbrica, nel 1805, Rusca fu attivo per il Duomo fino alla morte, firmando statue di profeti per la facciata e di santi per le guglie: figure energiche influenzate dal manierismo di Pellegrino Tibaldi oppure interpretate con compostezza e grazia neoclassiche.

Autore di indubbie qualità tecnico-artistiche, Rusca lavorò non solo a Milano (per esempio all’Arco della Pace e in San Satiro) ma anche in altre località, tra le quali Novara. Qui, in San Gaudenzio, gli sono attribuite varie statue del braccio destro del transetto, come quella raffigurante “San Massimo” (1826-1829).