Il modello in gesso è oggi esposto in Museo nella sala intitolata alla Galleria di Camposanto (n. 14), luogo nel quale dal Seicento in poi la Veneranda Fabbrica ha custodito i gessi e le terrecotte preparatori delle statue elaborate per il Duomo.
Datata 1860, l’opera raffigura “Santo Stefano re d’Ungheria” (969 – 1038), che dopo il battesimo e l’incoronazione da parte di papa Silvestro II si adoperò per propagare la fede cristiana tra i suoi sudditi.
Il santo è rappresentato come un sovrano barbato dalla lunga chioma, con la corona sul capo e lo sguardo fiero rivolto verso la sua destra.
Abbigliato con una veste decorata da alamari e un manto fermato con una spilla a fiore, il santo impugna nella mano destra l’elsa di una spada a cui manca la lama; anche la mano sinistra risulta lacunosa.
Il lungo abito scende a coprire parzialmente i piedi, che poggiano su un basamento poligonale con inscritto il nome del monarca.
Eseguita come modello per una versione marmorea destinata a un finestrone del fianco meridionale della Cattedrale, l’opera è stata ricondotta dagli studiosi a Giosuè Argenti: originario di Viggiù, presso Varese, quest’ultimo si formò all’Accademia di Brera nell’ambiente neoclassico rappresentato da Pompeo Marchesi, Abbondio Sangiorgio, Luigi Sabatelli e Benedetto Cacciatori. Tuttavia, fu particolarmente sensibile alle ricerche del toscano Lorenzo Bartolini, interpretandone il purismo come esteriore ricerca di grazia.
Attivo per il Duomo dal 1856 al 1867, fra le sue sculture più note per la Cattedrale spicca quella raffigurante “Santa Maria Maddalena penitente” (1865), sempre collocata presso uno dei finestroni del fianco meridionale. Il relativo modello in gesso (1864-1865) può essere ammirato in Museo nella sala dedicata all’Ottocento (n. 17).