Nuovi restauri in Museo

Nuovi restauri in Museo

Nuovi restauri in Museo

Si è recentemente concluso il restauro di tre sculture in marmo di Candoglia esposte presso la sala n. 7 del Museo del Duomo, dedicata all’età sforzesca. Condotto da Magistri srl con il sostegno della sezione milanese di Italia Nostra, l’intervento ha riportato all’originario splendore il San Sebastiano, il Bacco e la Virtù forse identificabile con la Prudenza, databili entro la prima metà del Cinquecento e ispirati alla ripresa dell’antichità che in quel periodo coinvolge anche gli artisti attivi nel cantiere del Duomo. Scopriamo insieme la loro storia.

San Sebastiano

 

Scultore ignoto, primo decennio del XVI secolo

Proveniente da un finestrone dell’area absidale del Duomo, il San Sebastiano è stato ricondotto a uno scultore milanese attento alle novità di Cristoforo Solari: scultore e architetto del Canton Ticino, grazie alla sua produzione contribuì a traghettare la scultura e l’architettura lombarde, ancora legate alla tradizione locale, verso il classicismo già in auge a Venezia, Mantova e Roma.

Sebastiano, martire del IV secolo, è raffigurato come un giovane dallo sguardo sofferente, poggiato contro un tronco e coperto da un tralcio di vite che gli cinge i fianchi. Sul suo corpo sono visibili tre fori, dove originariamente erano inserite altrettante frecce metalliche.
Il San Sebastiano presenta riferimenti stilistici che richiamano due sculture eseguite da Solari per la Cattedrale: l’Adamo (1502-1503) e la Sant’Elena (secondo decennio del Cinquecento) , dalle quali riprende rispettivamente il tralcio di vite e la capigliatura con lunghi boccoli. Entrambe le opere sono esposte in Museo nella sala del classicismo lombardo (n. 8).

Bacco

 

Scultore ignoto, quarto decennio del XVI sec. circa

Raffigurante il dio romano del vino, la scultura si trovava in origine sul capitello di un pilone del Duomo.
Bacco è rappresentato come un giovane dalla corta chioma ricciuta e la muscolatura rilevata, con lo sguardo rivolto verso il bicchiere tenuto in alto nella mano destra. Il braccio sinistro è invece appoggiato al fianco corrispondente.
Coperto solo da un serto di pampini che gli cinge i fianchi, Bacco risulta stante su un basamento circolare; dietro la gamba sinistra si trova un tronco d’albero di sostegno.
Secondo gli studiosi, l’ignoto autore dell’opera potrebbe essere uno scultore lombardo di formazione centro-italiana, attento alla statuaria antica ma anche all’interpretazione che ne offrivano gli artisti della cerchia michelangiolesca: la posa del Bacco riecheggia infatti quella dell’omonimo capolavoro giovanile di Michelangelo (1497) oggi al Museo del Bargello di Firenze, seppure priva di quell’abbandono all’ebbrezza e di quel languore che caratterizzano l’androgina divinità del maestro.

Virtù (Prudenza)

Scultore ignoto, primi decenni del XVI secolo

La scultura è forse identificabile con la Prudenza, una delle quattro Virtù cardinali della teologia cattolica insieme a Giustizia, Fortezza e Temperanza. L’opera esposta in Museo la rappresenta come una donna imponente dallo sguardo assorto, rivolto verso la sua sinistra.
I lunghi capelli, suddivisi in due bande sulla fronte, sono sormontati da un diadema.
Stante su un basamento poligonale e abbigliata con una tunica e un manto dagli ampi panneggi, in origine la figura teneva fra le mani due oggetti, oggi non identificabili perché lacunosi.
Proveniente da un finestrone del tiburio del Duomo e ricondotta dagli studiosi a un ignoto scultore, sul piano stilistico la Prudenza è espressione di un linguaggio classicheggiante, introdotto in Cattedrale da scultori come Benedetto Briosco, Cristoforo Solari e Andrea Fusina.

 

Si ringrazia per le foto Marco Ligabue.