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I giorni della penitenza quaresimale

«Lasciatevi riconciliare con Dio»

Si legge nell’opera di sant’Ambrogio su Elia e il digiuno: «In Quaresima si digiuna tutti i giorni, eccetto il sabato e la domenica. La Pasqua del Signore pone fine a questo digiuno. Arriva il giorno della risurrezione, gli eletti sono battezzati, si presentano all’altare e ricevono il Sacramento». Con queste parole il santo vescovo riassumeva gli elementi portanti della Quaresima milanese nella seconda metà del IV secolo: l’ultima preparazione dei catecumeni al Battesimo; la pratica penitenziale del digiuno, dal lunedì al venerdì; la caratteristica non penitenziale dei sabati e delle domeniche; il Triduo della passione, della sepoltura e della risurrezione del Signore (la Pasqua), come mèta e termine della penitenza quaresimale; la domenica della risurrezione come il giorno più adatto alla celebrazione dei Sacramenti dell’Iniziazione cristiana.

A distanza di più di 1600 anni la Quaresima ambrosiana conferma i tratti caratteristici dell’eredità antica, ripensandoli alla luce del contesto ecclesiale e culturale odierno. Restano infatti in evidenza il connotato battesimale e festivo dei sabati e delle domeniche, l’accento penitenziale dei giorni feriali (dal lunedì al venerdì) e l’approdo pasquale dell’uno e dell’altro. Parlando della dimensione penitenziale dei giorni feriali, ci soffermiamo anzitutto sul significato del digiuno alimentare che, tradizionalmente, consisteva in un solo pasto giornaliero consumato a sera, con astensione dalle carni e dal vino. Sull’esempio di Gesù, di Mosè e di Elia, anche il cristiano è chiamato a fare esperienza della volontaria privazione del cibo per dare spazio al nutrimento spirituale della Parola di Dio e del Pane di vita. Così concepito, il digiuno rafforza la preghiera, predispone a ricevere lo Spirito Santo, è un’arma contro gli spiriti cattivi, attiva e agevola la prontezza nel soccorrere i poveri. Si realizza cioè quella circolarità virtuosa tra digiuno, preghiera ed elemosina, spesso sottolineata dai Padri della Chiesa sulla scorta di Matteo 6,1-18.

Prendendo spunto dalla volontaria sobrietà alimentare, la pratica penitenziale del digiuno si può opportunamente estendere ad altre forme di rinuncia volontaria (all’acquisto e al consumo di beni superflui, all’uso invasivo della televisione o di internet, alla chiacchiera telefonica…) che intercettano da vicino gli odierni stili di vita. Trovano così nuova applicazione le parole rivolte a Dio nel prefazio del Giovedì della I settimana di Quaresima: «Le nostre rinunce, trasformate in sostegno dei poveri, ci consentono di imitare la tua provvidenza». Il digiuno non è dunque fine a se stesso, ma è una condizione necessaria per aprirsi ad altro, per fare spazio, come avvenne per Gesù, a “un altro cibo”. Lo dice bene il prefazio del Martedì della I settimana di Quaresima: «Così (Gesù) ci ha insegnato a preferire agli alimenti terreni il sostentamento che viene dalle divine Scritture».

Si comprende allora la cura del Lezionario ambrosiano di fornire un abbondante nutrimento biblico per tutta la Quaresima, prevedendo anche per i giorni feriali la proclamazione di tre letture secondo lo schema: Lettura, Lettura, Vangelo. Nello scritto Sui Misteri, sant’Ambrogio ricorda che coloro che avevano ricevuto il Battesimo nella Veglia pasquale si erano preparati per tutta la Quaresima ascoltando quotidianamente gli esempi morali dei Patriarchi (Genesi) e la sapienza dei Proverbi. Il Lezionario ambrosiano ripropone l’ascolto del libro della Genesi su due anni e lo organizza per cicli settimanali: il ciclo della creazione e della caduta (I settimana); il ciclo di Abramo (II e III settimana); il ciclo di Giacobbe (IV settimana); il ciclo di Giuseppe (V settimana). Quest’ultimo, nella sua vicenda di innocente perseguitato e poi riabilitato, diviene una chiara prefigurazione di Gesù, nel Mistero della sua Pasqua. Sempre su due anni il Lezionario ambrosiano ripropone l’ascolto del libro dei Proverbi che, in parte, fa da complemento a Genesi e, in parte, predispone all’ascolto del Vangelo, nel quale ogni anno risuona in lettura continua il Discorso della montagna (Matteo 5-7), vera summa della vita morale e spirituale dei discepoli di Gesù. Come avvenne per Mosè, che per assaporare la soavità della Legge di Dio si astenne dal cibo, così avvenga anche a noi di saper digiunare senza tristezza per gustare la Parola di Dio e la luce dello Spirito che da essa si irradia (cfr. prefazio della Domenica all’inizio di Quaresima).

 

mons. Claudio Magnoli