I segni molteplici dell’Epifania
«La celebrazione dell’Epifania in ambito ambrosiano rappresenta il vero approdo del lungo cammino avviatosi con l’Avvento». Con questa affermazione le Premesse al Lezionario ambrosiano ci fanno prendere coscienza che la celebrazione del Natale del Signore non si esaurisce nella festività del 25 Dicembre, ma si distende per più giorni fino alla solennità del 6 Gennaio.
La solennità dell’Epifania, una delle quattro feste maggiori dell’anno liturgico insieme alla Pasqua, alla Pentecoste e al Natale, mette in luce il segreto ultimo e definitivo del Mistero del Natale: il Bambino Gesù, nato dalla Vergine Maria, avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia, circonciso l’ottavo giorno, merita l’adorazione di tutte le genti, perché in lui si è pienamente manifestata la gloria di Dio ed «è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini» (Tito 1,11). Questa rivelazione della maestà divina nella povertà della carne mortale è affidata, secondo il linguaggio del prefazio della Messa nel giorno, a una molteplicità di «segni» narrati dalle pagine evangeliche o evocati dalla preghiera liturgica: «la stella guida dei Magi, l’acqua mutata nel vino e, al battesimo del Giordano, la proclamazione del Figlio di Dio».
Il primo segno, preannunziato dalla profezia di Balaam nella grande liturgia vigiliare (Numeri 24,15-25a), è al centro del Vangelo della Messa nel giorno: «Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo» (Matteo 2,2), dicono i Magi, giungendo a Gerusalemme. E, dopo il loro incontro con Erode, «ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino» (Matteo 2,9). E infine: «Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima». L’apparizione della stella ha condotto i Magi ad adorare il Verbo di Dio, prostrandosi davanti al Bambino tenuto in braccio dalla madre Maria (cfr. Matteo 2,11); lo splendore della stella ha convocato tutte le genti davanti al Bambino del presepe perché riconoscesse in lui il Figlio unigenito del Padre, «la via che conduce alla gioia perenne, la verità che ci immerge nella luce divina, la fonte inesauribile della vita vera» (prefazio della Messa nel giorno).
Il segno di Cana, l’acqua mutata in vino, non trova sviluppi significativi nei testi della liturgia eucaristica, ma solo negli inni dell’Ufficio divino, come ad esempio alle Lodi mattutine: «Nuovo prodigio a Cana: obbediente l’acqua s’imporpora e, tramutata in vino, rallegra il nostro convito». La trasformazione operata da Gesù manifesta la sua divina potenza e la sua gloria, e svela all’umanità l’opera di salvezza che il Padre gli ha affidato. Il Lezionario ambrosiano riproporrà in modo più chiaro la celebrazione di questo segno nella II Domenica dopo l’Epifania.
Il segno del Battesimo di Gesù, prefigurato nella scure di Eliseo caduta nelle acque del Giordano (2Re 6,1-7, quarta Lettura vigiliare), è al centro della testimonianza del Battista riportata dal Vangelo della Messa della vigilia: «Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele»; e, subito dopo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui… E io ho visto e testimoniato che questi è il Figlio di Dio» (Giovanni 1,32. 34). Il rito mistico del Battesimo dell’Agnello senza macchia che consacra il corso del Giordano (così canta l’inno della lode vespertina), accompagnato dalla discesa su di lui dello Spirito, rivela all’Israele della fede e, per suo tramite, a tutti i popoli la natura divina di colui che in tutto, eccetto il peccato, ha condiviso la nostra umana natura. Il segno del Battesimo al Giordano, parte integrante della festa ambrosiana dell’Epifania, troverà la sua massima espansione celebrativa nella Domenica immediatamente seguente, dedicata a celebrare il momento nel quale Dio Padre con l’autorità della sua voce e la discesa dello Spirito ci ha presentato solennemente il Signore Gesù come l’Unigenito che egli ama dall’eternità (cf. la prima orazione della Messa).
mons. Claudio Magnoli








