Il 2 novembre, giorno comunemente dedicato alla commemorazione dei morti, è anche il giorno in cui si celebrano i santi Acindino, Pegasio, e Anempodisto, tutti santi martirizzati in Persia in quel periodo che va dal 310 al 370 d.C. . A quei tempi regnava infatti Sapore II, l’autoritario re di Persia ricordato per le spietate persecuzioni da lui ordinate, nonostante la libertà di credo religioso che l’imperatore Costantino il Grande aveva concesso al suo popolo prima di lui. Anempodisto e gli altri futuri martiri erano considerati una colonna dell’impero romano, con il quale il re era in lotta: difatti a causa di questa condizione chiunque si professasse cristiano veniva considerato nemico della Persia e dunque perseguitato. Quando Sapore II fece catturare e torturare i tre Santi, però, avvenne l’incredibile: le ferite dei tre cristiani si rimarginarono miracolosamente e le catene di ferro che li costringevano nelle celle si spezzarono, liberandoli. La loro morte avvenne intorno al 350 d.C., ma l’eco delle loro sofferenze e dei miracoli di cui si resero protagonisti rimase così vivo nel tempo che riuscì ad arrivare fino all’altro capo del mondo. Le loro reliquie, dopo essere state trasportate dalla Persia a Costantinopoli, furono depositate in una chiesa appositamente costruita e dedicata al loro culto.La statua che si erge sulla guglia G75 è una riproduzione dell’originale del 1834 ed è recente l’attribuzione che la vede associata alla figura di Sant’Anempodisto. Grazie ad alcuni documenti d’Archivio inerenti alle approvazioni delle sculture in progetto si è risaliti all’identità della statua originale: “S. Anempodisto – soldato martire persiano”. La figura del Santo è rappresentata in abiti borghesi e, mentre il braccio destro è piegato con l’indice che punta in alto, quello sinistro è abbassato con la mano che originariamente impugnava una lancia.