S. HERMES

02 SettembreGuglia abside-G98
Città di cui è il patrono (patrocinio): Alcune città dell'Italia centrale. Santo Protettore: invocato contro le malattie mentali
Questa statua è opera di un concorso artistico bandito dalla Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano nel lontano 1952. Diviso per settori, prevedeva anche l’adornamento di alcune Guglie le cui statue erano particolarmente usurate, e tra queste vi era la statua di Sant’Hermes. Dei tanti progetti che giunsero, vinse quello di una giovane ragazza di origini siciliane, che era cresciuta sotto i maestri di Brera. Oggi l’artista è ancora tra noi, ma non può percepire il mondo che la circonda, a causa di un destino ingeneroso. Immaginò un Santo Hermes con mitra vescovile e intento in un gesto di dolcezza: ha infatti tra le mani una colomba, simbolo dello Spirito Santo, che accarezza con delicatezza. Tuttavia, pare che nessuno degli Hermes che sono entrati nel novero dei Santi sia mai stato vescovo. Il più famoso di essi fu un greco prefetto di Roma che, secondo una passio apocrifa, fu arrestato per volere dell’imperatore Traiano e decapitato perché cristiano. La passio ci dice che il corpo fu sepolto dalla sorella Teodora poco fuori Roma, lungo via Salaria antica, nel quinto giorno che precede le calende di settembre (28 agosto). Un altro documento, la Depositio Martyrum, alla stessa data menziona un tale Hermes sepolto nel cimitero di Bassilla, sulla Salaria antica. Nel 1934 un’indagine archeologica nel cimitero di Bassilla porta alla luce due frammenti marmorei con iscritti due versi di un carme, in cui si elogia un santo martire di origine greca, senza il nome. Nel 1940 viene trovare un terzo verso, ma anche qui manca il nome del santo, però vi è quello dell’autore, Damaso. Si suppose allora che la tomba su cui era stata trovata l’epigrafe fosse quella di Hermes, e i versi fanno parte del componimento che Damaso dedicò al santo. A supportare l’ipotesi in modo definitivo furono altri ritrovamenti archeologici di strutture architettoniche, che evidenziarono la presenza di una basilica costruita sulla tomba del santo, e su una delle facciate della stessa vi era scritto “HERME”, e su un’altra “INHERENS”. Ogni dubbio fu fugato. Il Liber Pontificalis, inoltre, c’informa che la basilica fu costruita sotto Papa Pelagio I (579-590), da allora il culto di Sant’Hermes si diffuse con un certo successo in diverse città italiane. Tuttavia, l’assenza di riferimenti nel testo del poema, congiunta alla datazione del cimitero di Bassilla (III secolo) ha sottolineato come la passio che vuole Hermes prefetto sotto Traiano sia falsa, e nessun indizio ci parla di Hermes come vescovo. Invero, un Hermes vescovo è esistito proprio a Milano, sebbene non sia stato canonizzato. Si tratta di Ermete Stampa, detto anche Hermes Stampa, consacrato a Milano nel 1525, un anno prima della morte. Era il fratello di Massimiliano Stampa, condottiero sotto l’egida di Carlo V e zio di quella Marianna de Leyva che il Manzoni ha reso famosa come la “monaca di Monza”. Quali siano le fonti d’ispirazione di quella giovane artista che, nel lontano 1952 vinse il concorso, non è facile saperlo. Forse l’assenza di notizie certe sul martire Hermes le consentì di poterlo immaginare quale vescovo, avendo una sepoltura così importante. Ciò che però colpisce è il suo gesto: se tutte le altre statue hanno lo sguardo verso l’orizzonte o perso nei propri pensieri, lui è concentrato sulla piccola colomba che ha tra le mani, candida e leggera, simbolo di pace, dello Spirito Santo e anche dell’anima, fragile e delicata, ma anche lucente e pronta a spiccare il volo, come l’omonima divinità pagana sapeva fare.