Le notizie più antiche su San Vittore ci arrivano da Sant’Ambrogio soprattutto nell’Inno in onore dei Martiri Vittore, Nabore e Felice, originari della Mauritania che morirono a Lodi in difesa della fede. Essi fanno parte dell’esercito di Massimiano che li destina a Milano. Tra III e IV secolo si verifica un’epurazione all’interno dell’esercito, dove i cristiani non sono apprezzati. Vittore è fedele all’imperatore per quanto riguarda la sua vita militare, ma non a tal punto da mettere in dubbio la sua fede; proprio per questo viene arrestato, imprigionato e poi portato all’ippodromo del circo, attuale Porta Ticinese, al cospetto dell’imperatore in persona: anche qui Vittore si rifiuta di abiurare. Viene quindi riportato in carcere, dove subisce torture indicibili, ma il Signore lo aiuta a sopravvivere privandolo del dolore; un giorno Vittore riesce a fuggire dal carcere ma la sua fuga dura poco, e non appena scoperto viene portato dai soldati in un bosco per essere decapitato. Secondo la tradizione il suo corpo rimane insepolto e sorvegliato da due fiere, fino a che non viene ritrovato da San Materno, che gli dà degna sepoltura. San Vittore è molto amato e ricordato dai milanesi, che gli intitolarono molte chiese e monumenti, tra cui il carcere di S. Vittore; non a caso il santo è ricordato come protettore degli esuli e dei prigionieri.
Le vicende della statua nel Cantiere Duomo:
La statua rappresenta San Vittore incarcerato: egli appare come un uomo smunto e dall’espressione esausta, con lo sguardo rivolto al cielo. La bocca è aperta, forse sta pregando a voce alta nell’attesa che qualcuna delle altre statue venga a liberarlo. Braccia e gambe sono legate con delle catene. L’opera è databile attorno la metà del Novecento quando, secondo quanto riportato dai quotidiani dell’epoca, vi erano 28 statue del Duomo in attesa di essere posizionate sulle guglie rimaste senza terminale a seguito dei bombardamenti del 1943. Non si conosce però l’anno di realizzazione della statua né il suo autore.